armi flessibili

Probabilmente dobbiamo la scienza del combattimento con le corde ancora una volta all’antica India, in particolare alla setta dei TUGGS, adoratori della dea KALI, conosciuti e combattuti ferocemente dall’esercito inglese prima e poi, dallo stesso esercito indiano. 

I seguaci della setta cercavano vittime da sacrificare alla dea Kali; il prescelto per il sacrificio non doveva versare neanche una goccia di sangue, quindi le consuete aggressioni con armi o a mano nuda rischiavano di ferire la vittima, rendendola impura e inadatta al sacrificio. I seguaci della dea adottarono il sistema di balzare sul soggetto, allacciando intorno alla gola una fune che, stretta con abilità, faceva svenire in pochi istanti la vittima.

Nel corso degli anni i Tuggs furono conosciuti col soprannome di “strangolatori”. 

Racconti, film e fumetti continuano ancora oggi a narrare le loro nefaste imprese. Facendo, come si fa di solito, di necessità virtù gli strangolatori divennero esperti nel combattimento con le funi, per contrastare le potenziali vittime, che appena potevano reagivano anche per ingaggiare una lotta corpo a corpo contro avversari, che stavano sempre più in guardia verso tali aggressioni. 

E’ facile pensare (ma non abbiamo prove) che questa temibile specialità sia confluita nelle arti degli arcipelaghi vicini a quello Indonesiano-Malese e a quello filippino. 

In Indonesia per esempio, nelle scuole più antiche, si insegna ancora come usare il sarong (una sorta di pareo spesso a forma tubolare usato per coprirsi, come tappeto per la preghiera o altro ancora), per difendersi da attacchi a mano nuda o mano armata, agganciando le braccia, le gambe, la testa o addirittura legando insieme più elementi. 

Nelle Filippine, in cui l’influenza occidentale europea prima e americana dopo è stata molto più importante e capillare, le tecniche per usare le armi flessibili si fondono con la radice europea in cui ( lo si fa ancora oggi per esempio nel sud Italia) la cintura dei pantaloni diviene uno strumento efficace, per contrastare attacchi di avversari, armati di bastone e di coltelli. 

In Europa, precisamente a Parigi, si era formata una gang pericolosissima, che aggrediva, a scopo di borseggio, i passanti.  La strategia tipica era la seguente: da un muretto o una bancarella chiusa del mercato (les halles) o semplicemente sbucando da dietro un angolo, il malvivente allacciava la corda intorno al collo della vittima, si girava caricandolo sulle spalle come un sacco di patate (il dorso dell’aggressore e quello della vittima erano a contatto), il complice lo derubava mentre il soggetto si trovava in sospensione come un impiccato. 

Quando il malvivente agiva da solo, la situazione per la vittima era peggiore, perché si doveva attendere che il soggetto svenisse, per rapinarlo con tranquillità: spesso questa soluzione provocava danni irreversibili, fino alla morte stessa della vittima. 

L’audacia degli agguati, cosi come la silenziosità, fece guadagnare a questi malviventi parigini il soprannome di Apache (hanno dedicato loro anche una famosa canzone). 

Infine, le armi flessibili tornarono in auge tra i reparti speciali di alcuni eserciti, al fine di silenziare le sentinelle, termine elegante per indicare che la sentinella veniva uccisa per strangolamento con cavi sottili e resistenti studiati a tale scopo.

 

Durata: 2 giornate singole oppure un weekend

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